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sabato 31 ottobre 2009

Luigi Lombardi Vallauri e la Cattolica



L’Europa: violati i diritti del filosofo «eretico» escluso dalla Cattolica
La Corte di Strasburgo accoglie il ricorso di Luigi Lombardi Vallauri: 10 mila euro di risarcimento
(Corriere della sera, 21 ottobre 2009)

Luigi Lombardi Vallauri si sedette per terra. Lo stupore corse tra studenti e colleghi presenti in aula, a Bari, per la sua conferenza. «Del Dio che emoziona non mi sento di parlare seduto su una sedia - spiegò lui - quindi mentre parlerò di questo Dio starò seduto per terra». Era il 19 aprile 1996.

Filosofo del diritto all’Università di Firenze, l’allora sessantenne Lombardi Vallauri insegnava anche, dal 1976, presso l’Università del Sacro Cuore di Milano. Il rinnovo annuale del contratto con la Cattolica era divenuto mano a mano più spinoso. L’incontro di Lombardi Vallauri con le religioni orientali aveva inasprito la sua critica del cattolicesimo. Seduto per terra in quella mattinata barese, Lombardi Vallauri celebrò «il Gange dell’umanità in cui si gettava come affluente il Tevere del cattolicesimo romano». Poi, finita la meditazione sul «Dio che emoziona», passò «al Dio professionale filosofico, di cui si può benissimo parlare seduti a un tavolo congressuale». E da lì, dal tavolo congressuale, smontò l’ortodossia, la tradizione. La teologia naturale tomista, soprattutto: «Ircocervo consistito nell’attribuire all’etnico, geloso, furiosotenero, bellicamente e giuridicamente feroce, idiosincraticissimo Yahvè e al dolcissimo-spietato 'Padre' impassibili attributi ontologici desunti da una ingegnosamente violentata ontologia generale aristotelica».

Questo Lombardi Vallauri, incontenibile nello stile e nella sostanza, fu convocato in Vaticano due anni dopo, il 23 ottobre 1998, per un colloquio presso la Congregazione per l’Educazione cattolica. Quando i colleghi della Cattolica si riunirono, dieci giorni dopo, il preside comunicò la decisione vaticana: per le sue posizioni «nettamente contrarie alla dottrina cattolica», Lombardi Vallauri non doveva più insegnare nell’Università Cattolica «per rispetto della verità, del bene degli studenti e di quello dell’Università». Dopo vent’anni di rinnovi, l’incarico cessava. Lombardi Vallauri ricorse al Tar della Lombardia, poi al Consiglio di Stato. Facile la risposta dei giudici amministrativi: non sindachiamo quello che decide la Chiesa; così vuole il Concordato, così vuole la Corte costituzionale, già pronunciatasi nel 1972 sull’analogo caso Cordero. Rimane va solo la Corte di Strasburgo. E ieri mattina la Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso.

Il ricorso di Lombardi Vallauri è stato accolto. L’Italia è stata condannata per aver violato la libertà d’espressione del professore e il suo diritto a un giusto processo. La vera condannata è l’Università Cattolica, invano costituitasi di fronte alla Corte europea; soprattutto quel pezzo di Cattolica che in un fatale consiglio di facoltà, ricostruito dai giudici europei, respinse a risicata maggioranza la mozione in cui si domandavano chiarimenti alla Santa Sede. Per la Corte di Strasburgo, quella degli organi accademici milanesi contro Lombardi Vallauri fu una decisione «priva di motivazione e presa in assenza di un reale contraddittorio». Dall’esame della Corte europea esce male anche la giustizia amministrativa italiana: censurata da Strasburgo per aver abdicato al suo dovere di vaglio dell’atto in criminato, per essersi nascosta dietro un comodo rinvio alla decisione della Santa Sede.

Due traiettorie s’intrecciano. Quella personale di Lombardi Vallauri. E quella collettiva dei diritti e delle religioni in Europa. Lombardi Vallauri è un pensatore di genio. Originale; controcorrente. Non un buffone, non un eretico a tutti costi. Ha maturato con fatica le sue posizioni. Ben dentro un cattolicesimo cui lo legano, tra l’altro, parentele illustri. La collisione con le autorità cattoliche è seria. A causa del rigore analitico nella denuncia di quel naturalismo teologico in cui è caduto, secondo il filosofo, il pensiero cattolico. E per il modo: per quel lavorio intellettuale che si fa immaginazione, contemplazione; per l’alleanza tra ragione e stupore contro un discorso su Dio squadrato, razionale, politico. Senza contraddittorio.

Analoga traiettoria oppone in Europa il vecchio ordine dei concordati, della laicità francese, delle nordiche Chiese di Stato - i vecchi modelli Stato/Chiesa, insomma - al nuovo paesaggio. Caotico e pieno di opportunità. Non basta più dire la parola magica «concordato »; né arretrare di fronte alla sovranità della Santa Sede, all’intoccabilità del diritto canonico. Lo ha compreso Benedetto XVI, molto attento all’incontro di lunedì scorso col neo ambasciatore della Commissione europea. Non lo ha ancora compreso l’Italia, già condannata dalla Corte nel 2001 in un caso simile a quello di Lombardi Vallauri. L’arena europea impone nuove regole alla vecchia partita tra ideologie e fedi, Chiese e Stati. Alla Corte europea ci son giudici, come il dissenziente portoghese Barreto, per i quali il Concordato è sacro quanto è sacra la religione. Ma anche giudici per i quali è scontato che i diritti valgano più dei Concordati. Giudici che temono di dovere domani al diritto islamico quello che si dà oggi al diritto canonico. Come la belga Tulkens, censore della laicità turca in difesa del diritto al velo. O come l’ungherese Sajó, per il quale separare trascendente e pubbli ci poteri è tanto necessario quanto è vero, come ha scritto di recente, che «i cimiteri esistono per ragioni di sanità pubblica, non per facilitare la resurrezione». L’Europa spariglia il gioco. La ragion di Stato non è più sola. Il diritto canonico, il diritto ebraico, il diritto islamico vanno ormai difesi a Strasburgo, a Bruxelles.
Luigi Lombardi Vallauri celebra. «Brindo in famiglia, al diritto», dice. Alle regole del giusto processo, che sono poi «le stesse d’ogni vero dibattito intellettuale ». È questo il valore dei diecimila euro che lo Stato italiano è stato condannato a versargli. Il Dio del filosofo seduto per terra sfida il Dio cattolico. La giustizia europea dei diritti sfida l’ordine concordatario italiano.

Marco Ventura
docente di Diritto ecclesiastico a Siena. Direttore del Centre for Law and Biotechnologies dell’Università di Siena. Membro del centro Società, Diritto e Religione dell’università di Strasburgo.

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"L'università può sospendere chi vuole"
il commento di Emanuele Severino, all'epoca dell'espulsione (1998)

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