David Foster Wallace legge da Considera l'aragosta (3 min.)
(testo del video in italiano)
"Confesso di non aver mai capito perché tante persone siano convinte che una vacanza divertente significhi mettersi infradito e occhiali da sole e avanzare come formiche in un traffico infernale fino a stazioni turistiche rumorose, calde e affollate, per assaggiare un sapore locale che è per definizione rovinato dalla presenza di turisti.(...)
Questo potrebbe (come continuano a sottolineare i miei compagni di festival) essere una questione di personalità e gusti precostituiti: il fatto che non mi piacciano le stazioni turistiche significa che non capirò mai la loro attrattiva e di conseguenza sono forse la persona meno indicata a parlarne (della presunta attrattiva). Per come la vedo io, probabilmente fa davvero bene all'anima essere un turista, anche se solo una volta ogni tanto. Non bene nel senso di rigenerante o ravvivante, però, piuttosto nel senso di truce, sguardo di ghiaccio, guardiamo-in-faccia-la-realtà-e-cerchiamo-il-modo-di-affrontarla. La mia esperienza personale non è stata che viaggiare per il paese ti apra la mente o ti rilassi. Nè che i cambiamenti radicali di posto e contesto abbiano un effetto salutare, bensì che il turismo intranazionale sia radicalmente asfissiante, e umiliante nel modo più duro possibile: ostile alla mia fantasia di essere un individuo vero, di vivere in qualche modo al di fuori e al di sopra di tutto. (E adesso la parte che i miei compagni trovano particolarmente infelice e repellente, un modo certo per rovinare il divertimento dei viaggi di piacere:) Essere turisti di massa, per me, significa diventare puri americani dell'ultimo tipo: alieni, ignoranti, smaniosi di qualcosa che non si potrà mai avere, delusi come non si potrà mai ammettere di essere. Significa contaminare, per mera ontologia, quell'incontaminatezza che si è andati a sperimentare. Significa imporre la propria presenza in luoghi che sarebbero, in tutti i sensi non-economici, migliori e più veri senza di noi. Significa, nelle code e negli ingorghi, transazione dopo transazione, confrontarsi con una dimensione di se stessi che è tanto ineluttabile quanto dolorosa: come turisti diventiamo economicamente rilevanti, ma esistenzialmente deprecabili, insetti su una cosa morta."
D.F. Wallace, Considera l'aragosta, Einaudi 2006
Traduzione di Adelaide Cioni e Matteo Colombo
domenica 27 settembre 2009
Consider the Lobster
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